La zona comprendente la chiesa di San Celso e il santuario di Santa Maria dei Miracoli (come è anche chiamata la chiesa di S. Maria presso S. Celso) è area sacra fin quasi dalle origini del cristianesimo in Milano. In un vasto campo piantumato a gelsi, a quasi un chilometro dalle mura di Massimiano, quasi al centro delle arterie viarie di porta Romana e porta Ticinese, nel punto denominato dei "tre Mori" il vescovo Ambrogio, probabilmente nell’anno 395-396, trovò il corpo del martire Nazaro che trasferì nella omonima basilica Apostolorum.
Riprese le ricerche Ambrogio trovò anche le spoglie del martire Celso, che non venne allontanato dal luogo del rinvenimento. Nel medesimo sito egli edificò un piccolo sacello dove vennero collocati sotto un altare i resti del martire e in memoria della sacralità del luogo fece costruire una nicchia con l’immagine della Madonna con il Bambino benedicente, protetta da un’inferriata. Attorno, ben presto, prese avvio un cimitero cristiano e in un secondo tempo si costruì una seconda chiesetta denominata San Nazaro in Campo.A partire dal X secolo queste e altre reliquie (di Basilide, Cirino e Nabore) trovarono riposo in una basilica più ampia, di fattura romanica la cui erezione fu attribuita all’arcivescovo Landolfo II da Carcano, precisamente negli anni 996-997.
A destra della basilichetta sorse da allora un monastero benedettino, particolarmente vivo, ben tornito di mezzi e fiorente di iniziative atte a incrementare il culto verso S. Celso. Il monastero, dopo molti rifacimenti, fu definitivamente distrutto negli anni Trenta del nostro secolo. Attorno alla basilica e al monastero si venne configurando nel Medioevo un quartiere suburbano detto "borgo di San Celso", che era collegato con il centro città dal "corso" San Celso, ridenominato in epoca abbastanza recente corso Italia.
La devozione al martire e alla immagine ambrosiana della Vergine continuarono e crebbero nel corso dei secoli tanto che il terzo e ultimo duca Visconti, Filippo Maria, deliberava nel 1430 di far costruire, a protezione dell’immagine, una cappelletta dalla capienza di circa trecento persone con un altare per le celebrazioni addossato al muro che conservava la venerata immagine. Intanto l’abbazia benedettina diventava commenda (1437), avendo come primo abate commendatario Carlo da Forlì (il quale nel 1454 aveva fatto eseguire i battenti in legno del portale della basilica); lo stesso duca istituiva per la cappella della Madonna cinque cappellani, mentre si fondava anche una confraternita di donne e di uomini per rispondere alla sempre più crescente devozione popolare.
Fu sotto il governo del duca Gian Galeazzo Maria Sforza che il 30 dicembre 1485 avvenne il miracolo che determinerà la notorietà e l’importanza della cappelletta mariana. Durante una celebrazione la figura della Madonna cominciò a muoversi sollevando il velo che, dietro la grata, la proteggeva, poi allargando le braccia e infine giungendo le mani. Tutta la città fu travolta dal sensazionale prodigio che il 1 aprile 1486 ottenne l’approvazione dell’autorità ecclesiastica. Alcuni anni dopo si costituì una "scuola di deputati alla fabbrica" impegnata nella realizzazione di un santuario.
La costruzione del santuario fu iniziata nel 1493 su progetto di Gian Giacomo Dolcebuono, al quale successe quasi subito Cristoforo Solari (1493). Fino al 1506 il tempio fu giudicato troppo piccolo, per cui furono aggiunte le due navate laterali sotto la direzione di Cesare Cesariano. Verso il 1500 fu costruito l’altare della Madonna su progetto di Martino Bassi, mentre nel 1530 circa Cristoforo Lombardo lavora nel retrocoro e nella zona absidale. Il quadriportico fu iniziato dal Cesariano (1513) e portato a compimento da Vincenzo Seregni (1556), mentre Galeazzo Alessi poneva mano alla facciata (1565-1568), la cui decorazione venne curata da Annibale Fontana e Stoldo Lorenzi (fine XVI sec.). Nel 1521 si ebbe la prima ricognizione sulle reliquie di san Celso, operazione che venne ripetuta nel 1777. Nel 1523 i monaci del monastero di S. Celso vengono privati dell’uso della chiesa e del convento perché il luogo, essendo fuori dalle mura, era ritenuto poco sicuro.
Nel 1620, sotto l'episcopato di Federico Borromeo, nella chiesa avvenne un altro miracolo: l’immagine della "Madonna fra i Ss. Nazaro e Celso" (opera pittorica del XIV sec. un tempo nella preesistente chiesetta di San Nazaro in Campo) iniziò a lacrimare dall’occhio sinistro. Il miracolo portò nuova vita nel santuario ac-crescendone l’importanza e la devozione tra i Milanesi. Si ebbe un momento di decadenza nel XVIII secolo, quando nel 1798 le truppe napoleoniche trasformarono la chiesa in un magazzino per foraggi, deturpando e rovinando architettura e suppellettili sacre. Con il ritorno degli Austriaci nel 1799 il santuario venne riconsacrato e furono ricollocate le reliquie. Un secondo momento (di decadenza si ebbe con l’unità d’Italia, tanto che il santuario diviene chiesa sussidiaria di S. Eufemia.
Solo con il cardinal Ferrari, nel 1902, ne viene ripristinata l’importanza e nel 1929 papa Pio XI la eleva a basilica minore romana. Dal 1947 il santuario è affidato, dal card. Schuster, ai Padri Oblati Vicari, una delle famiglie della Congregazione degli Oblati dei SS. Ambrogio e Carlo.
Forti sono oramai i legami dell'Istituto con il Santuario. Gli Allievi frequentano la Santa Messa domenicale ed operano in essa con il Coro Ufficiale esibitosi anche in S. Ambrogio e nel Duomo. Ancora nel Santuario l'Istituto celebra il sacramento del Sacro Crisma per i suoi Allievi, abitualmente ogni anno nel mese di maggio.